Scolpire la morbidezza. La rivoluzione di Magdalena Abakanowicz

Scolpire la morbidezza. La rivoluzione di Magdalena Abakanowicz
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“Gli Abakan erano una specie di ponte tra me e il mondo esterno. Potevo creare un’atmosfera in cui mi sentivo al sicuro perché loro erano il mio mondo”. Polacca, classe 1930, Magdalena Abakanowicz ha rivoluzionato il concetto di scultura. Alla fine degli anni Sessanta ha creato strane opere in fibra intrecciata, diverse da un arazzo così come da una scultura tradizionale: alte anche sei metri, morbide, organiche, sospese a mezz’aria, interagivano con lo spazio e diffondevano intorno i profumi della terra. Divennero presto note come “Abakan”. Nonostante le limitazioni imposte dal regime comunista, Abakanowicz si fece strada rapidamente sulla scena internazionale, aprendo le porte a un nuovo modo di fare scultura. Cresciuta nella Polonia rurale, ha incorporato nelle sue opere i temi del mito, del folklore e degli spiriti della foresta, fonti di ispirazione per magiche atmosfere. Alla Tate Modern una mostra restituisce la storia e il carattere degli Abakan, tra installazioni monumentali, rari disegni dell’artista e veri e propri ambienti da vivere. Teatro dell’allestimento è la lunghissima galleria del Blavatnik Building, dove sculture di canapa, sisal e crine di cavallo disegnano paesaggi immaginifici. Traboccante di trame e figure evocative, la mostra rivela il legame tra le forme grezze degli Abakan e la materia vivente. “Tutto ciò che è vivo è fatto di fibra”, spiega l’artista: “il tessuto delle piante, delle foglie e di noi stessi. I nostri nervi, il nostro codice genetico, le nostre vene, i nostri muscoli. Siamo strutture di fibra”.
Francesca Grego - © 2022 ARTE.it per Bulgari Hotel London