Whistlejacket, uno stallone alla National Gallery

Whistlejacket, uno stallone alla National Gallery
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La passione degli inglesi per gli equini è cosa nota. Ma non tutti sanno che uno dei più grandi capolavori della National Gallery è il ritratto di un cavallo. Mentre Joshua Reynolds e Thomas Gainsborough immortalavano sulla tela nobili e sovrani, George Stubbs raggiungeva l’apice della fama specializzandosi in “pittura equestre”. Viaggi in Italia e in Marocco e un approfondito studio anatomico dei quadrupedi furono i preludi al successo negli ambienti dell’aristocrazia settecentesca. Nei quadri di Stubbs - come nelle tavole del suo celebre trattato L’anatomia dei cavalli - l’interesse scientifico incontra un originale afflato creativo. Superbi destrieri vi appaiono da soli o in gruppo, in compagnia di cani o di uno scudiero. Nessuno tuttavia è in grado di gareggiare con Whistlejacket, commissionato all’artista dal secondo marchese di Rockingham: non l’immagine di un cavallo generico, ma un vero ritratto a grandezza naturale, capace di catturare la personalità di uno dei primi purosangue arabi importati in Gran Bretagna. Whistlejacket, che prese il nome da una bevanda a base di gin e melassa, aveva appena dato spettacolo vincendo una prestigiosa corsa a York e facendo guadagnare al marchese la bellezza di duemila ghinee. Stubbs lo rappresenta impennato sulle zampe posteriori, pronto a lanciarsi al galoppo. Dalla muscolatura possente alle narici dilatate, dalle vene in rilievo all’occhio luccicante, ogni dettaglio restituisce l’immagine di una maestosa vitalità. Si racconta che alla vista del dipinto lo stallone pensò di avere di fronte un pericoloso rivale e tentò di attaccarlo. Che sia vero o no, l’aneddoto la dice lunga sull’impressione prodotta dal realismo di quest’opera, ancor più evidente grazie ad un inusuale sfondo monocromo.
Francesca Grego - © 2020 ARTE.it per Bulgari Hotel London