Il ritratto che Boldini volle per sé

Il ritratto che Boldini volle per sé
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Nella Parigi di fine secolo le signore dell’alta società europea erano disposte a fare follie per un ritratto di Giovanni Boldini. Ma quando il pittore conobbe la diciottenne cilena Concha Emiliana de Ossa, ne rimase talmente ammaliato da chiederle lui stesso di posare. Con i pastelli sintetici da poco sul mercato, la ritrasse su una grande tela “bella come un amore”, fragile eppure ipnotica, tra i trapassi di luce di un vaporoso abito bianco e la pelle diafana screziata di rosa. Fu un successo travolgente: la femminilità irresistibile di Concha, la tecnica di Boldini e la sua rara abilità nel dare un’anima ai volti ritratti trionfarono all’Esposizione Universale di Parigi del 1889, aggiudicandosi la medaglia d’oro. L’artista ferrarese non riuscì a privarsi della propria creazione: consegnò alla famiglia di Concha una seconda versione del quadro e tenne per sempre l’originale nel suo studio. Alla morte di Boldini, la vedova Emilia Cardona donò il Pastello bianco allo Stato italiano, che lo destinò alla Pinacoteca di Brera. Qui inizia un nuovo capitolo della storia della tela. Contrariamente a quanto pubblicizzato dai venditori di fine Ottocento, i pastelli usati da Boldini si rivelarono tutt’altro che inalterabili: il colore iniziò presto a polverizzarsi, trasformando profondamente l’aspetto del quadro. Solo all’inizio degli anni Duemila un delicato restauro è riuscito a ridargli lo splendore perduto, perché un ritratto a pastello degno di Raphael Mengs e Rosalba Carriera tornasse a esprimere la femminilità moderna e magnetica della Belle Époque.
Francesca Grego - © 2021 ARTE.it per Bulgari Hotel Milano