Splendente di ori e decori preziosi, la Chiesa di Santa Maria presso San Satiro nasconde un segreto. A orchestrarlo per noi fu Donato Bramante, genio dell’architettura rinascimentale. Tre navate, una solenne cupola e un’abside di 9 metri e 70 centimetri erano alla base del progetto originario. Ma già allora la burocrazia era una potenza e alla diocesi fu negato il permesso di edificare una chiesa tanto grande. Bramante non si perse d’animo. Tagliò la pianta di San Satiro e al posto dell’abside costruì una straordinaria illusione. Quello che a noi sembra un ampio coro scandito da colonne sotto una sontuosa volta dorata, in realtà è uno spazio profondo solo 97 centimetri, che si espande otticamente grazie all’uso sapiente della pittura. Un’anticipazione dei moderni effetti speciali, che sfrutta le ricerche sulla prospettiva condotte pochi anni prima da Piero della Francesca e Donatello. Accettando la sfida e neutralizzando il limite con una soluzione imprevista, Bramante dà vita ad una fortunata invenzione: la tecnica del trompe-l’oeil - letteralmente “inganna l’occhio” - che gli artisti del Cinquecento e del Barocco useranno a profusione per strappare al pubblico esclamazioni di meraviglia.
Per la prima volta Palazzo Reale celebra in una monografica il talento di Giuseppe De Nittis esponendo circa 90 dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere.
Una mostra che ripercorre alcune tappe fondamentali della storia del tatuaggio, una delle più antiche forme di espressione artistica dell’uomo dalle sue origini millenarie fino ad oggi, concentrandosi in particolare sull’area del bacino del Mediterraneo.
Attraverso una serie di interventi installativi, a cavallo tra opere d'arte ed elementi espositivi, Haris Epaminonda presenta un viaggio simbolico a confronto con le avanguardie storiche del Futurismo.
La mostra riflette sulla tradizionale concezione della vetrina e sulla sua centralità nei progetti espositivi. Legata all’"esposizione museale classica", la vetrina espone e al contempo separa l’oggetto, offrendolo alla fruizione ma formando una barriera per lo spettatore.