Revoir Watteau. Un comédien sans réplique. Pierrot, dit le Gilles
Data di apertura: 16-ott-2024
Data di chiusura: 3-feb-2025
Programma: Mer - Lun 9 - 18 | Mar chiuso
Biglietti: 22 €
E-mail:
Luogo: Musée du Louvre
Indirizzo: Rue de Rivoli
Uno strano personaggio, vestito completamente di bianco, si impone all’attenzione. Quel viso innocente, dallo sguardo interrogativo, spunta quasi per caso da un ampio vestito di raso candido, le maniche a sbuffo raggomitolate, ai piedi due pantofole bianche anch'esse arricchite da preziosi nastri di raso color rosa. Parliamo di Pierrot, il dipinto per lungo tempo anche chiamato Gilles, realizzato dal pittore francese Antoine Watteau (1684 - 1721). Lo scrittore Bernard Dufour lo definiva “enigmatico”, perché di questo famoso ritratto all’apparenza così familiare, si sa ben poco. Non se ne conoscono con esattezza le origini, e non ve ne è traccia in alcuno scritto apparso prima del 1826. Questa mostra nel museo parigino è anche la possibilità di approfondire la storia di un dipinto che affascinò ed ispirò numerosi artisti e poeti, da Fragonard a Picasso a Nadar, da André Derain a Marcel Carné. La mostra presenta sessantacinque opere (dipinti, disegni, incisioni, libri, fotografie ed estratti di film), tra cui sette dipinti di Watteau, grazie al supporto di vari musei francesi, europei e americani, tra cui la Bibliothèque Nationale de France, la Gemäldegalerie di Berlino, la Wallace Collection e la National Gallery of Art di Washington, D.C.
Una mostra che ripercorre gli inizi della carriera di Jackson Pollock (1912 - 1956), segnata dall'influenza del regionalismo e dei muralisti messicani, fino ai suoi primi dripping nel 1947.
150 artisti neri in Francia per raccontare "Paris noir"
Paris noir ripercorre la presenza e l'influenza di 150 artisti neri in Francia tra gli anni Quaranta e gli anni 2000, attori di una Parigi cosmopolita, luogo di resistenza e creazione, che ha dato vita ad una grande varietà di pratiche, che vanno dalla consapevolezza identitaria alla ricerca di linguaggi plastici transculturali.
Ai margini delle tendenze dominanti del suo tempo, Suzanne Valadon pose il nudo, sia femminile che maschile, al centro della propria opera, rappresentando corpi senza artificio o voyeurismo.
Strumento di sublimazione tanto quanto manifestazione di una verità latente, l'indeterminatezza diventa al tempo stesso sintomo e rimedio per un mondo alla ricerca di senso. Intrinsecamente sfuggente, l'estetica della sfocatura emerge nello spazio vuoto. Una mostra.