La “piccola Vienna”: il ghetto ebraico di Shanghai

La “piccola Vienna”: il ghetto ebraico di Shanghai
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Potrà sembrare strano pensare ad una comunità ebraica in Asia ma, sorprendentemente, sappiamo essere esistita già dall'800 d.C. nell’antica capitale dell’Impero di Mezzo. A dare conferma dell’esistenza di queste comunità nel Seicento è il celebre missionario gesuita Matteo Ricci. A Shanghai nel Novecento, durante periodo più buio della storia, il popolo ebraico trovò accoglienza. Non a caso: il porto di Shanghai era l'unico posto al mondo che consentiva l'ingresso senza né visto né passaporto. Il sodalizio contribuirà alla straordinaria crescita e vivacità culturale della Perla d’Oriente. La comunità ebraica (composta da ebrei askenaziti, sefarditi, provenienti da ogni angolo d’Europa e Stati Uniti) fu artefice di numerosi progetti per lo sviluppo della città e di un quartiere, in particolare, con edifici e architetture in pieno stile Mitteleuropeo. In questo angolo inaspettato, la Ohel Rachel Synagogue in Shaanxi North Road è l’edificio più importante ancora esistente. Costruita nel 1920, utilizzata fino al 1952 e restaurata nel 2010, è ancora oggi un centro attivo della comunità. È una delle prima di sette sinagoghe costruite a Shanghai, una delle due ancora esistenti: l’altra, la Ohel Moishe Synagogue si trova invece nell’Hong Kou district. In Fenyang Road, a Sud di Huai Hat Road, ci si imbatte nello Shanghai Jewish Club, ora conservatorio di musica. Passeggiando nel distretto di Hong Kou, percorrendo le vecchie vie del ghetto si passano in rassegna le piccole abitazioni, dove famiglie cinesi ed ebree rifugiate hanno condiviso, fianco a fianco, pezzi di storia e di vita.
Chiara Vedovetto - © 2020 ARTE.it per Bulgari Hotel Shanghai