Sarah Ball approda con la sua prima mostra istituzionale in Asia, presentando otto nuovi ritratti che interrogano il concetto di identità. L’artista britannica, nota per la sua pittura raffinata e sospesa, mette in scena figure enigmatiche che sembrano al tempo stesso vicine e irraggiungibili, ritratte con trucco impeccabile e abiti che rimandano all’eleganza del cinema anni '30. La sua indagine parte dalla convinzione che l’identità non sia un tratto fisso, ma una costruzione continua, un gioco di posture, silenzi e sguardi che riflette codici sociali e desideri individuali. Il titolo della mostra richiama David Bowie e la sua capacità di reinventarsi attraverso personaggi performativi come il Thin White Duke, anticipando le riflessioni di Judith Butler sulla performatività di genere. Allo stesso modo, Ball esplora come il sé si costruisca e si dissolva nello spazio tra immagine e percezione. In opere come Henry with Iris le mani “incompiute” del soggetto diventano simbolo di fluidità e di un’identità mai del tutto afferrabile. Ball, che negli ultimi anni ha esposto a Londra e New York, porta avanti una ricerca pittorica che mescola intimità e distacco, indagando il volto umano come superficie di infinite metamorfosi.
Nella nuova serie pittorica, l’artista cinese trasforma petali e colori in un linguaggio poetico che invita lo spettatore a riscoprire meraviglia e silenziosa bellezza.
Un hotel senza personale, tra algoritmi e simulazione: l’arte visionaria di Lawrence Lek ci porta in un futuro automatizzato dove il lusso sfiora l’alienazione.