L’atmosfera che ammanta Ubud è specchio dell’anima di Bali. Strade punteggiate da offerte votive colorate e in lontananza i suoni delle percussioni tradizionali riecheggiano nell’aria: sono i segni inconfondibili del villaggio. Ubud ha una lunga storia alle spalle, di più di 1.000 anni. Per molti secoli luogo di monasteri e santuari, la cittadina è stata per lungo tempo un importante centro per la fornitura di erbe e piante medicinali: il nome Ubud deriva infatti dalla parola balinese “ubad”, che significa medicina. Tra gli anni '30 e ’70 del secolo scorso, il villaggio ha iniziato ad attrarre numerosi artisti, registi e musicisti, molti dei quali si sono stabiliti qui facendone la loro casa, interagendo con artisti e danzatori locali e contribuendo allo sviluppo culturale di Bali. Nel 1952 Antonio Blanco ad esempio, noto artista ispano-americano, giunse sull’isola e scelse come base proprio Ubud dove visse fino alla sua morte avvenuta nel 1999. Negli anni '60 un altro pittore, l'olandese Arie Smit, ha contribuito a dare un forte impulso alle arti: oggi il Neka Art Museum ospita un padiglione a lui dedicato.
Uomo e natura in perfetto equilibrio: il sistema del subak
Il suolo fertile e il clima particolarmente umido hanno reso Bali uno dei luoghi più adatti alla produzione del riso. Ma ciò che rende unico il riso balinese è il modo in cui viene coltivato: ripide terrazze alimentate da un sistema di irrigazione ideato nel IX secolo e conosciuto come subak.
Pura Sada Kapal: il tempio che cambia per la fede e per i secoli
Le vicissitudini legate alla sua distruzione per un terremoto e la sua ricostruzione dovuta alla fede degli abitanti del villaggio in cui si trova, ne fanno un luogo dalla storia e dall’aspetto affascinante e unico.
Scritto dallo studioso balinese I Made Bandem e dallo storico dell'arte americano Bruce W. Carpenter, questo splendido studio sulle maschere come antica forma d'arte è un libro riccamente illustrato, con oltre 1000 immagini a colori del fotografo Doddy Obenk.