La fragilità del moderno

La fragilità del moderno
#Art
Gil Heitor Cortesāo, Glasshouse, 2025 | Courtesy © Carbon 12 Gallery, Dubai

Con la mostra All That Is Solid, la galleria Carbon 12 celebra la sua centesima esposizione e presenta un nuovo capitolo della ricerca pittorica di Gil Heitor Cortesão. Nato a Lisbona nel 1967, l’artista portoghese indaga da anni le architetture moderniste e i loro interni, restituendone atmosfere sospese tra ordine e disfacimento. Nei suoi dipinti, realizzati a olio su plexiglass, le immagini emergono da un processo inverso rispetto alla pratica tradizionale: il dettaglio prende forma prima dell’insieme, foglie, riflessi e arredi appaiono con nitidezza, mentre il contesto si dissolve in vibrazioni cromatiche e trasparenze. L’opera diventa così un dispositivo instabile, in cui la percezione non si fissa mai ma scivola continuamente tra piani e superfici. Cortesão lavora a partire da fotografie d’archivio di ambienti domestici, serre e strutture in vetro, che ricompone attraverso stratificazioni pittoriche. In questo modo gli spazi interni si aprono verso l’esterno e viceversa, cancellando i confini netti dell’architettura modernista. L’effetto è quello di una memoria visiva fragile, che restituisce tanto la promessa di trasparenza e chiarezza quanto la sensazione di precarietà che ne deriva. Con All That Is Solid, Cortesão riafferma la sua capacità di trasformare la pittura in un territorio di indagine sul rapporto tra architettura, percezione e memoria, offrendo al pubblico immagini che non documentano ma evocano, destabilizzando certezze e invitando a ripensare il concetto stesso di visione.
Paolo Mastazza - © 2025 ARTE.it per Bvlgari Resort Dubai