Che ci fanno otto giganti barbari nel cuore di Milano? Sono frutto della fantasia dello scultore Leone Leoni, che abitò il Palazzo degli Omenoni con il figlio Pompeo, anche lui scultore. Artista imperiale al servizio di Carlo V e Filippo II di Spagna, Leoni giunse in città nel 1542, in fuga da Roma per aver ferito in una rissa un gioielliere e tesoriere del papa. Qui fu nominato scultore della Zecca e adattò alle proprie esigenze un edificio alle spalle di San Fedele. Otto maestosi telamoni si affacciano sulla strada dal prospetto del palazzo: rappresentano le stirpi dei barbari sconfitti e si ispirano alle statue di Roma antica. Qualcuno li ha paragonati ai Prigioni di Michelangelo e in effetti il loro ideatore conosceva bene il genio fiorentino. La magnificenza di Casa Leoni, tuttavia, non si limitava alla facciata: dipinti di Tiziano, Correggio e Parmigianino, calchi di statue antiche, un libro di disegni di Leonardo - forse il Codice Atlantico? - nonché il “Quadrone dei Giganti” e una Venere del Buonarroti ne impreziosivano l’interno. Un “casotto di bellissima architettura” e “pieno di capricciose invenzioni che non n’è forse un altro simile in tutto Milano”, annotava Vasari nel 1566. Fu una stagione breve ma intensa quella del Palazzo degli Omenoni: a testimoniarne lo splendore restano i giganti affacciati sulla strada.
Una mostra dedicata all'artista olandese Magali Reus vincitrice del Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura. Nella sua arte Reus accumula immagini e oggetti della vita di tutti i giorni, stravolgendoli e reinventandoli attraverso la costruzione di meticolosi puzzle scultorei.
Nuovamente riunito il capolavoro di Piero della Francesca
In un’esposizione unica e irripetibile, viene presentato per la prima volta nella storia, dopo 555 anni dalla sua realizzazione, un capolavoro di Piero della Francesca: il Polittico agostiniano.
Oltre 200 scatti tra cui oltre 60 tra medi e piccoli formati, scelti e selezionati dall’autore e presentati insieme ad un’intervista inedita, ripercorrono la carriera di uno dei più famosi fotografi contemporanei.
Adrian Piper e il razzismo nella cultura visiva contemporanea
La prima retrospettiva europea dopo oltre vent’anni dedicata ad Adrian Piper, artista concettuale, minimalista e performer nella scena artistica newyorkese degli ultimi anni Sessanta.