Tradizione e innovazione. Un connubio che è al centro della pratica artistica di San A Han, un’artista coreana che vive a Seoul e che per la prima volta - dopo la monografica che le ha dedicato l’importante istituzione coreana OCI Museum of Art - approda in Occidente alla Galleria Fumagalli di Milano con questa esposizione a lei dedicata. L’occasione italiana esplora alcune delle tematiche care alla giovane artista coreana: quelli della pittura orientale tradizionale, come i Sansu-hwa, i dipinti di paesaggi dell'epoca Josen, e i Gwaneum-do, le icone buddiste che rispecchiano i desideri religiosi di benedizione, che rinascono in una chiave moderna e innovativa. San A Han li trasforma in sculture morbide e in dipinti stratificati realizzati con Meok (inchiostro di china), tessuto di cotone e cuciture che divengono il risultato di un'intima rivisitazione della tradizione attraverso un procedimento di creazione che l’artista stessa definisce performativo. Nei suoi linguaggi visivi, figurativi e simbolici, San A Han non si limita a costruire narrazioni logiche e organizzate, ma ritrae memorie frammentate ed emozioni contraddittorie, concentrandosi soprattutto sui contrasti legati all'amore. Secondo l'artista, "la linea è l'essenza della pittura tradizionale coreana". Per dipingere il suo paesaggio interiore, Han usa il pennello e l'ago che rispondono direttamente al suo corpo e ai relativi movimenti. Così, come la forza corporea di impugnare e muovere il pennello si riflette nelle linee tracciate con il Meok, le linee di cucitura rivelano il processo performativo attraverso cui l'artista concepisce le proprie opere.
Picasso non considerava come "primitiva" l'arte che lo ispirava, che muoveva la sua mente creativa in un desiderio inarrestabile di aprire nuove strade, non vedeva un "prima" e un "dopo" nell'arte, non c’era un’arte "altra", "diversa": Picasso la concepiva come un Tutto senza tempo.
La mostra riflette sulla tradizionale concezione della vetrina e sulla sua centralità nei progetti espositivi. Legata all’"esposizione museale classica", la vetrina espone e al contempo separa l’oggetto, offrendolo alla fruizione ma formando una barriera per lo spettatore.
La retrospettiva di Nari Ward presenta, per la prima volta, una combinazione di opere che intrecciano la sua esplorazione della performatività e progetti di collaborazione: oltre trent'anni di pratica, presentando i primi lavori seminali e storici così come nuove produzioni.
Ironia e intellingenza per andare all'essenza delle cose. La poetica di Tino Stefanoni
Vicino alle ricerche del filone concettuale, pop e minimalista, Tino Stefanoni non aderisce ad alcun movimento e preferisce mantenere un gusto grafico che riduce i soggetti a segni pittorici e che si rinnova nel corso del tempo attraverso la continua sperimentazione di nuove tecniche.