C’è la Milano dei moti popolari e la città degli storici edifici in costruzione, delle vedute di quartiere e dei capolavori di Brera ad attrarre gli sguardi dei primi fotografi dell’Ottocento, tramutati in autentiche opere, a metà tra il documento e la fotografia. Tra il 1839 e il 1840 alcuni di loro, a Parigi, erano entrati in contatto con la nuova tecnica del dagherrotipo, catturando Milano nei primi scatti fotografici, molti dei quali, oggi perduti, sopravvivono nei resoconti delle riviste dell'epoca. La prima immagine ufficiale scattata nel 1845 da Luigi Sacchi è un calotipo del trofeo Fuentes, all'epoca ancora esistente all'inizio del Naviglio Pavese. Dopo un viaggio nella Ville Lumière, Sacchi aveva dato il via alla sua attività di “lucigrafo”, come si diceva all'epoca, tramite i metodi di Daguerre, e dal 1841, di Talbot. Una delle sue fotografie più belle fino ad allora realizzate? La sua ripresa dell’Ultima Cena di Leonardo come anche dei capolavori dell'Accademia di Brera. Il patrimonio architettonico e artistico milanese, dalla breccia al Convento dei Cappuccini alle vedute monumentali, attraversa l’intera produzione di un altro grande della fotografia agli albori, Icilio Calzolari, mentre il Duomo troneggia in due celebri vedute di Alessandro Duroni. Nell’album dei ricordi di una Milano che non esiste più, c’è anche il coraggio di Luca Fortunato Comerio che, appena ventenne, documenta i moti popolari scoppiati in città nel maggio del 1898 e la repressione del generale Bava Beccaris.
La mostra riflette sulla tradizionale concezione della vetrina e sulla sua centralità nei progetti espositivi. Legata all’"esposizione museale classica", la vetrina espone e al contempo separa l’oggetto, offrendolo alla fruizione ma formando una barriera per lo spettatore.
La prima esposizione museale dedicata all’opera di Miranda July ripercorre la carriera trentennale dell’artista, regista e scrittrice americana dagli anni Novanta ad oggi, presentando cortometraggi, performance e installazioni.
Una mostra che ripercorre alcune tappe fondamentali della storia del tatuaggio, una delle più antiche forme di espressione artistica dell’uomo dalle sue origini millenarie fino ad oggi, concentrandosi in particolare sull’area del bacino del Mediterraneo.
Attraverso una serie di interventi installativi, a cavallo tra opere d'arte ed elementi espositivi, Haris Epaminonda presenta un viaggio simbolico a confronto con le avanguardie storiche del Futurismo.