“Sarà la vera Monna Lisa? Non sarà una copia?”. Ettore Modigliani direttore della Pinacoteca di Brera nei turbolenti giorni che seguirono il ritrovamento della Gioconda, dopo il furto al Louvre, non si dava pace. Le autorità italiane avevano concordato con i francesi un periodo di esposizione in Italia del dipinto di Leonardo, prima del suo ritorno al Louvre. E proprio al soprintendente toccò accompagnare in treno la signora dell’arte, nel suo viaggio da Roma a Milano, mentre alla stazione Corrado Ricci, direttore generale delle antichità e belle arti, si raccomandava: “Domattina a Rogoredo, prima di scendere, aprite la cassa e vedete se c’è. La Gioconda è capace di tutto. Quello non è un quadro, è una donna”. Ma Monna Lisa non se la squagliò e lunedì 29 dicembre 1913 alle 7.10 in punto scese dal treno diretta a Brera. Alle 10 iniziarono le visite del pubblico pagante e, fino a notte, furono sessantacinquemila le persone che sfilarono davanti al quadro, con la Piazzetta di Brera straripante di folla in visibilio, e i bersaglieri e i vigili del fuoco con tanto di autopompa chiamati a diradare un pubblico impazzito. La Gioconda venne spostata nello studio di Modigliani che, affranto ma non poco emozionato, trascorse la notte con la donna più celebre dell’arte, girando e rigirando il ritratto nel tentativo di far penetrare lo sguardo nelle più intime fibre della pittura. Il risultato di quella notte indimenticabile, raccontato nelle sue Memorie dallo stesso Modigliani, non fu nulla di peregrino, salvo due ore di intenso piacere artistico. Laura Pontremoli, nipote del funzionario, svela un piccolo dettaglio su quella fatidica notte. Sua nonna, dopo aver preso in disparte sua madre, le disse: “Vieni, vieni cara. Ti faccio vedere cosa c’è sotto al letto…L’ha portata a casa il nonno… ieri sera ha dormito con la Gioconda”.
Nella sua pratica, Sang A Han esplora la pittura orientale nel suo adattamento contemporaneo. Sculture morbide e dipinti stratificati realizzati con Meok (inchiostro di china), tessuto di cotone e cuciture sono il risultato di un'intima rivisitazione della tradizione attraverso un procedimento di creazione che l’artista stessa definisce performativo.
La retrospettiva di Nari Ward presenta, per la prima volta, una combinazione di opere che intrecciano la sua esplorazione della performatività e progetti di collaborazione: oltre trent'anni di pratica, presentando i primi lavori seminali e storici così come nuove produzioni.
Attraverso una serie di interventi installativi, a cavallo tra opere d'arte ed elementi espositivi, Haris Epaminonda presenta un viaggio simbolico a confronto con le avanguardie storiche del Futurismo.
Una mostra che ripercorre alcune tappe fondamentali della storia del tatuaggio, una delle più antiche forme di espressione artistica dell’uomo dalle sue origini millenarie fino ad oggi, concentrandosi in particolare sull’area del bacino del Mediterraneo.