Già nel 1549 il cuoco ferrarese Cristoforo di Messisbugo cita la ricetta di una focaccia dolce a base di farina, burro, zucchero uova e latte, preparata nel milanese. Era l’antenato del panettone. La leggenda esalta le origini regali di questo dolce, nato per errore nelle cucine di Ludovico il Moro, signore di Milano, durante la vigilia di Natale. Il cuoco di casa Sforza avrebbe bruciato malauguratamente il dolce preparato per il banchetto e lo sguattero, un certo Toni, per rimediare al danno, avrebbe deciso di scarificare il panetto di lievito che aveva tenuto il serbo per il suo Natale. Lavorandolo più e più volte con farina, uova, zucchero, uvetta e canditi, fino a ottenere un impasto soffice e ben lievitato, diede vita a una creazione che lasciò a bocca aperta gli Sforza che, in onore del suo ideatore, vollero chiamarla “pan de Toni”, da cui “panettone”. Tralasciando la leggenda, quello che è certo è che la preparazione del panettone risale all’abitudine medievale di mettere in tavola pani più ricchi, come quelli serviti alla vigilia di Natale durante il “rito del ciocco”. Si deve attendere il 1606 per avere la prima citazione ufficiale del dolce, con il primo dizionario milanese-italiano che parla di un “panaton de danedaa”.
Quattro tele per 40 metri e venti sculture in gommapiuma bruciata, accese ogni 15′: Frangi riattiva un paesaggio notturno, tra architettura brutalista e un diario di 135 fogli.
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