In Europa il mito della Vittoria Alata circolava fin dal Rinascimento. Nessuno, tuttavia, sapeva dove fosse finita la sua misteriosa immagine scolpita. La sorpresa fu enorme quando, il 20 luglio 1826, un’imponente statua di bronzo emerse dal sottosuolo del Capitolium di Brescia, mostrando le leggendarie fattezze della dea. Portata alla luce da un gruppo di patrioti contro il volere dei dominatori austriaci, l’icona della Vittoria fu subito associata agli ardori del Risorgimento alle porte. Napoleone III volle ammirarla di persona, il poeta Carducci le dedicò un’ode, D’Annunzio se ne innamorò, mentre calchi e copie si diffondevano in tutto il continente e gli studiosi interrogavano il passato dell’opera. A quasi 200 anni dal ritrovamento la Vittoria Alata torna sulla breccia: un restauro le ha restituito l’antico splendore e il nuovo, scenografico allestimento dell’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg l’ha riportata nel luogo degli scavi, il Colle Cidneo. L’evento segna la rinascita del ricco patrimonio archeologico di Brescia, che affonda le radici nella Roma imperiale. Il passato incontra il contemporaneo nelle innumerevoli iniziative pensate per l’occasione: al centro c’è il Parco dell’antica Brixia, che con i sei ettari di estensione rappresenta la più vasta area archeologica dell’Italia settentrionale.
Attraverso una serie di interventi installativi, a cavallo tra opere d'arte ed elementi espositivi, Haris Epaminonda presenta un viaggio simbolico a confronto con le avanguardie storiche del Futurismo.
La mostra riflette sulla tradizionale concezione della vetrina e sulla sua centralità nei progetti espositivi. Legata all’"esposizione museale classica", la vetrina espone e al contempo separa l’oggetto, offrendolo alla fruizione ma formando una barriera per lo spettatore.
Ironia e intellingenza per andare all'essenza delle cose. La poetica di Tino Stefanoni
Vicino alle ricerche del filone concettuale, pop e minimalista, Tino Stefanoni non aderisce ad alcun movimento e preferisce mantenere un gusto grafico che riduce i soggetti a segni pittorici e che si rinnova nel corso del tempo attraverso la continua sperimentazione di nuove tecniche.
Una mostra dedicata all'artista olandese Magali Reus vincitrice del Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura. Nella sua arte Reus accumula immagini e oggetti della vita di tutti i giorni, stravolgendoli e reinventandoli attraverso la costruzione di meticolosi puzzle scultorei.