Pinacoteca di Brera, Immagine dalla mostr<em>a</em> <em> Primo dialogo, Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine</em>, 2016 | Courtesy of Pinacoteca di Brera, Milano<br />
Aveva solo 21 anni Raffaello quando dipinse il suo primo capolavoro. Lo Sposalizio della Vergine vide la luce a Città di Castello, poco prima che il Divin Pittore partisse per un tour trionfale nei più raffinati centri di cultura dell’Italia centrale. Più tardi, senza troppi complimenti, un ufficiale di Napoleone avrebbe sottratto la pala alla chiesa per cui era stata dipinta vendendola a caro prezzo in quel di Milano, dove oggi figura tra i gioielli della Pinacoteca di Brera. Elegante, armoniosa e matematicamente perfetta, la tavola dello Sposalizio mostra già i caratteri distintivi del Rinascimento di Raffaello. Ma all’epoca fece sensazione per un altro motivo: il giovane artista già offuscava l’astro del Maestro Pietro Perugino, una star del pennello con successi all’attivo tra l’Umbria, Firenze e Roma. A notarlo per primo è Giorgio Vasari, che confronta le versioni dello Sposalizio della Vergine dipinte dai due. In quella di Raffaello c’è una nuova, calda naturalezza, capace di avvolgere figure e sfondo, invenzione e tradizione, prodigi della prospettiva e misteri della vita. Oltre la mirabile scena sacra in primo piano, l’uomo si fa misura dell’universo e artefice di un bello ideale che fa le cose “non come le fa la natura, ma come ella dovrebbe farle”.
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Indagine sulla fotografia in Germania nel Novecento
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